Spese di pubblicità a favore di asd: vale la presunzione assoluta
La volontà del legislatore è quella di approntare un regime agevolativo per quei soggetti che decidono di investire nello sport amatoriale e di favorire la diffusione di questo genere di attività giudicate socialmente utili e degne di protezione, stante anche la rilevanza costituzionale dello sport.
Il Caso: l’Agenzia delle Entrate emetteva due avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 2006 e 2007 a una ditta individuale che svolge attività nel settore dell’abbigliamento per conto terzi recuperando a tassazione importi versati a favore di un’associazione sportiva dilettantistica a titolo di pubblicità, poiché ritenuti indeducibili ai sensi dell’art. 109 comma del testo unico delle imposte sui redditi, d.p.r. 917/1986, per mancanza di inerenza e ritenute antieconomiche.
La ditta individuale propone ricorso e imposta la sua difesa sulla circostanza che la legge 289 del 2002 prevede l’intera deducibilità delle spese di pubblicità purché siano rispettati quattro requisiti fondamentali:
- Il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica
- Sia rispettato il limite quantitativo di spesa
- La sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor
- Il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività.
L’Agenzia delle Entrate, ricorre alle sentenze nei primi due gradi di giudizio che accolgono le motivazioni della ditta individuale, e non annovera tra la sue motivazioni il mancato adempimento di uno dei requisiti di cui sopra ma si limita a sostenere che la ditta individuale, svolgendo l’attività per conto terzi nei confronti di imprese manifatturiere di abbigliamento, l’esposizione e la promozione del marchio non era rivolta a un pubblico potenzialmente interessato all’acquisto del prodotto, per questo le riclassificava tra le spese di rappresentanza le quali devono rispettare i requisiti di inerenza ed economicità.
La Cassazione pone fine alla diatriba rimarcando la volontà del legislatore “di approntare un regime agevolativo per quei soggetti che decidono di investire nello sport amatoriale e di favorire la diffusione di questo genere di attività giudicate socialmente utili e degne di protezione, stante anche la rilevanza costituzionale dello sport”.
Per questo il legislatore ha stabilito una presunzione assoluta di deducibilità del costo rendendo non sindacabile la scelta dell’imprenditore di promuovere il nome, il marchio o l’immagine attraverso iniziative pubblicitarie nel settore sportivo dilettantistico, pur non avendo un ritorno commerciale.
Per questi motivi il giudice respinge il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, condannandola al pagamento delle spese di giudizio di legittimità.