Risponde il legale rappresentante sui debiti d’imposta dell’associazione non riconosciuta

Il legale rappresentante che abbia operato gestionalmente in una associazione non riconosciuta, risponde illimitatamente ed in solido per le sanzioni tributarie da essa non corrisposte. Questo il principio affermato dalla Corte di cassazione civile, Sezione VI, con l’Ordinanza n. 2169/2018.

Quotidiano Pubblica Amministrazione – 28 marzo 2018

Sui debiti d’imposta dell’associazione non riconosciuta risponde il rappresentante legale

di Michele Nico

Per i debiti d’imposta dell’associazione non riconosciuta risponde in solido e illimitatamente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il presidente o il rappresentante che abbia diretto la gestione associativa nel periodo considerato. Questo il principio affermato dalla Corte di cassazione civile, Sezione VI, con l’ordinanza n. 2169/2018, che accoglie il ricorso proposto dall’agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione tributaria regionale della Basilicata fondata sul presupposto che il presidente in carica di un’associazione sportiva non aveva svolto attività negoziale in nome e per conto del sodalizio nel periodo di applicazione del tributo oggetto del contenzioso.

La decisione
La Sezione VI osserva che la sentenza impugnata è «in evidente contrasto con il principio di diritto» desumibile dall’articolo 38 del codice civile, ai sensi del quale «per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione».
Il ragionamento del collegio evidenzia accuratamente la ratio legis del disposto, rilevando che il coinvolgimento della responsabilità personale del rappresentante legale dell’associazione nelle obbligazioni da questa assunte ha lo scopo di rafforzare la tutela dell’affidamento dei terzi, a fronte della carenza di personalità giuridica dell’organismo in parola. «In tema di associazioni non riconosciute – scrivono i giudici – la responsabilità personale e solidale delle persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione (…) in aggiunta a quella del fondo comune è volta a contemperare l’assenza del sistema di pubblicità legale riguardante il patrimonio dell’ente con le esigenze di tutela dei creditori, e trascende pertanto la posizione astrattamente assunta dal soggetto nell’ambito della compagine sociale».

La tutela dei soggetti he operano con le associazioni non riconosciute
La pronuncia della Cassazione è interessante in relazione al fatto che nei rapporti tra la Pa e la società civile ha fatto breccia da tempo il principio di sussidiarietà, con il moltiplicarsi delle forme di partecipazione delle organizzazioni dei cittadini nella programmazione di attività e servizi a favore del territorio. Questo importante fenomeno sociale, che ha dimostrato una valenza indubbiamente positiva, ha portato in primo piano il ruolo delle associazioni non riconosciute, che non di rado assumono impegni e obbligazioni rilevanti nei confronti degli enti locali.
In questo contesto, il nostro ordinamento tutela la posizione giuridica dei soggetti pubblici e privati che operano con le associazioni non riconosciute, stabilendo che per le obbligazioni da esse assunte rispondono solidalmente e illimitatamente gli associati che, in concreto, hanno agito in nome e per conto di tali organismi dotati di soggettività limitata.
Si segnala che qualora l’associazione non riconosciuta abbia colpevolmente ingenerato nel terzo di buona fede il ragionevole convincimento in ordine all’esistenza di poteri di rappresentanza non corrispondenti a quelli statutari, essa risponde con il proprio fondo comune delle obbligazioni assunte dal rappresentante apparente.
Per le stesse ragioni di cautela, la responsabilità solidale ribadita con la pronuncia in esame sorge non solo a carico del legale rappresentante dell’associazione, ma anche a carico di chi abbia ingenerato una corrispondente convinzione dei terzi in buona fede, come ha sostenuto il Tribunale di Genova osservando che «il soggetto denominato “capo politico” o “garante” nei documenti di un’associazione non riconosciuta può essere identificato con l’organo amministrativo di questa».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ordinanza della Corte di cassazione n. 2169 2018

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