Presunzione di parziale inesistenza delle sponsorizzazioni sportive
Spesso le sponsorizzazioni di gare automobilistiche entrano nel mirino del Fisco. Molti sono gli aspetti controversi, quando durante gli accertamenti vengono disconosciuti i costi relativi a sponsorizzazioni sportive proprio a causa del sospetto di aver emesso e utilizzato fatture per operazioni inesistenti o parzialmente inesistenti. Ciò accade quando il rapporto oggettivo della sponsorizzazione è evidenziato da fotografie, giornali e mezzi televisivi, dall’altro, vi siano presenti elementi che fanno presumere la sovrafatturazione.
Eutekne.info – 09 ottobre 2017
Inesistenza parziale insidiosa nelle sponsorizzazioni sportive
di Alfio CISSELLO
Negli accertamenti ove vengono disconosciuti i costi relativi a sponsorizzazioni sportive sono molti gli aspetti controversi, specie quando ci sia il sospetto di inesistenza, totale o parziale, delle operazioni.
Talvolta accade che i soggetti coinvolti nella sponsorizzazione di gare automobilistiche siano accusati di aver emesso e utilizzato fatture per operazioni inesistenti, operazioni che, sulla base degli atti di causa, si rivelano parzialmente inesistenti.
Ciò succede nella misura in cui, da un lato, la realtà della sponsorizzazione non può essere messa in discussione sulla base di elementi oggettivi (fotografie, DVD, messaggi pubblicitari su giornali e riviste e così via), dall’altro, vi siano elementi che fanno presumere la sovrafatturazione.
Il caso classico si ha qualora, in un primo momento, viene acquistato il servizio a un certo prezzo (regolarmente fatturato e pagato), poi, in vari modi, si assiste ad una parziale retrocessione del denaro.
Al pari di quanto accade nelle frodi carosello, il contribuente, quando acquista la sponsorizzazione, ben può essere del tutto ignaro delle frodi che si commettono a monte.
Purtroppo, gli uffici finanziari si comportano allo stesso modo delle frodi carosello: se viene appurato, in sede penale ad esempio, che uno dei soggetti “a monte” è coinvolto in una frode, vuoi perché è una cartiera, vuoi perché risulta essere un prestanome, il recupero viene esteso a tutti coloro i quali hanno acquistato la sponsorizzazione.
E ciò a prescindere da un benché minimo indizio di partecipazione alla frode, e da un benché minimo indizio circa la consapevolezza che i soggetti a monte erano o potevano essere coinvolti. L’indizio, in breve, consiste nel fatto che il contribuente ha commesso il grave “errore” di acquistare il servizio da un soggetto che (forse) è risultato partecipe o consapevole della frode.
Oltre a ciò, si aggiunge un ulteriore elemento: molti uffici (e ciò lo si nota esaminando le sentenze sul tema), affermano che siccome è arduo individuare quella che potrebbe essere la “porzione” di inesistenza dell’operazione, questa viene disconosciuta in toto.
Viene in mente il pensiero di Enrico Allorio, secondo cui il Fisco, prima di emettere l’atto, deve fornire a se stesso la prova degli elementi che stanno a base dell’evasione.
Invece no: siccome un terzo pare coinvolto, anche il contribuente lo è per forza di cose. Il ragionamento ricorda un’affermazione di matrice filosofica, su cui tutti gli operatori del diritto dovrebbero soffermarsi: “Caio uccide Tizio sotto la torre di Pisa; siccome la torre di Pisa esiste, allora è vero che Caio ha ucciso Tizio”.
Nel valutare i principi enunciati dalla giurisprudenza di vertice in tema di frodi carosello, occorre farlo alla luce di come è strutturato il mercato delle sponsorizzazioni, argomento sul quale non constano interventi specifici.
Condotta degli uffici contrastante con la capacità contributiva
Ferma restando la diligenza del cessionario/committente, quando egli ha appurato che il fornitore esiste, che non ci sono sospetti di inesistenza soggettiva (il c/c non è intestato ad altri soggetti, la corrispondenza non avviene mediante coinvolgimento di terzi e così via) e che il servizio viene effettivamente prestato, nulla può essergli rimproverato.
Certo, se il cessionario/committente risulta avere una posizione compromessa in ambito penale (intercettazioni o interrogatori, anche di terzi, da cui emerge la sua responsabilità) il tutto potrebbe essere diverso. Del pari, ci potrebbero essere indizi di partecipazione se il Fisco, attivando i propri poteri, richiede a terzi informazioni sulle operazioni sospette, da cui emerge il coinvolgimento del cessionario/committente, e non solo degli altri soggetti.
Alcuna giurisprudenza si è dimostrata sensibile al problema.
Si veda la sentenza n. 2322 del 2014, ove la Regionale di Firenze, pur dimostrandosi ben conscia del rischio di frode che esiste nell’ambito delle gare automobilistiche, afferma che non si può pretendere dal contribuente una prova negativa, cioè dimostrare di non essere in mala fede.
Ne può affermarsi che la prestazione è inutile (C.T. Reg. di Milano n. 3697 del 2014), visto che la pubblicità e la sponsorizzazione, per definizione, sono strumentali a un potenziale incremento degli utili. Il discorso, in questo caso, potrebbe spostarsi sulla congruità dei costi, fatto che esula però dal tema dell’inesistenza parziale delle prestazioni.
Quando il contribuente produce fotografie della gara, DVD da cui emerge l’effettività della sponsorizzazione, estratti di quotidiani nazionali, l’onere probatorio deve ritenersi assolto, e spetta all’Ufficio dimostrare il contrario (Regionale di Milano, sentenza n. 1727 dello scorso 13 aprile). Altresì, in ambito penale, si tratta di elementi che vanno assolutamente considerati, come sancito dalla Cassazione 9 maggio 2014 n. 19138.
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