Legittima la deduzione per le spese di pubblicità fino a 200mila euro
Non sono contestabili, quindi è illegittimo il recupero del costo sostenuto per pubblicità e sponsorizzazione inferiore a 200 mila euro poiché la deducibilità di questi oneri è prevista espressamente dalla norma con una presunzione assoluta. A chiarirlo è la Cassazione con l’ordinanza 8981/2017.
Eutekne s.p.a. – 7 aprile 2017
Sponsorizzazioni alle ASD fino a 200.000 euro non antieconomiche
Tali spese non sono contestabili se sussistono i relativi presupposti oggettivi e soggettivi, a prescindere dalla registrazione del contratto
Alessandro BORGOGLIO
Le sponsorizzazioni erogate ad associazioni sportive dilettantistiche (ASD) costituiscono, per lo sponsor, spese di pubblicità, per presunzione assoluta di legge, sino a 200.000 euro annui, dovendosi, pertanto, ritenere ex se integrata, entro tale limite, sia l’inerenza quantitativa che qualitativa. Dette spese non sono quindi contestabili da parte del Fisco, neppure parzialmente per antieconomicità, qualora sussistano i relativi presupposti oggettivi e soggettivi, a prescindere dalla registrazione del contratto di sponsorizzazione e di eventuali omissioni finanche dichiarative dei soggetti sponsorizzati.
Lo ha stabilito la Cassazione, con l’ordinanza n. 8981 di ieri.
Occorre premettere che, per la giurisprudenza di legittimità, ai fini della deducibilità delle spese di sponsorizzazione alla stregua di spese di pubblicità ex art. 108 del TUIR, è necessario che il contribuente dimostri non solo la congruità dei costi sostenuti a fini di sponsorizzazione in rapporto all’attività caratteristica e al volume d’affari che ne costituiscono il risultato, ma pure la loro idoneità ad ampliare le prospettive di crescita dell’impresa e, quindi, l’inerenza sotto il profilo del concreto vantaggio nello specifico contesto territoriale (cfr. Cass. nn. 10914/2015, 15318 e 16812 del 2014, 5494/2013).
È stato altresì più volte ribadito che, nell’ipotesi in cui non vi sia alcun nesso tra l’attività sponsorizzata e quella posta in essere dallo sponsor, le relative spese non possono essere considerate di pubblicità, e come tali integralmente deducibili, ma devono ritenersi spese di rappresentanza soggette ai limiti previsti dall’art. 108 del TUIR e dal DM 19 novembre 2008 (Cass. nn. 3433/2012, 14252/2014 e 25100/2014 e C.T. Prov. Milano n. 3819/47/15 e C.T. Reg. di Milano n. 4850/2015).
I suddetti principi, tuttavia, non trovano applicazione in relazione alle sponsorizzazioni concesse alle ASD, per le quali il legislatore ha previsto una specifica disciplina agevolativa: si tratta dell’art. 90, comma 8 della L. 289/2002, per cui il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino a un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario.
La stessa Agenzia delle Entrate aveva già precisato, in proposito, che la disposizione poc’anzi riportata introduce, in sostanza, ai fini delle imposte sui redditi, una presunzione assoluta circa la natura di tali spese, che vengono considerate – nel limite del predetto importo – comunque di pubblicità e, pertanto, integralmente deducibili per il soggetto erogante ai sensi del previgente art. 108, comma 2 del TUIR nell’esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell’esercizio medesimo e nei quattro anni successivi (a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 13-bis del DL 244/2016 convertito, al fine di coordinare la disciplina fiscale con le novità in materia di bilancio introdotte dal DLgs. 139/2015, attualmente tali spese di pubblicità sono deducibili “nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio” ex comma 1 dell’art. 108, quindi integralmente nell’anno o secondo l’ammortamento civilistico).
Il Fisco, tuttavia, ha precisato che la fruizione dell’agevolazione in esame è subordinata alla sussistenza delle seguenti condizioni: i corrispettivi erogati devono essere necessariamente destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante; dev’essere riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima (circ. n. 21/2003, § 8; ris. n. 57/2010).
La Cassazione, di recente, ha confermato che, nel caso di sponsorizzazioni a favore di ASD, non occorre il nesso inferenziale tra attività dello sponsor e del soggetto sponsorizzato, atteso che per presunzione assoluta di legge si tratta di spese qualificabili come di pubblicità, ma è comunque richiesta la congiunta sussistenza di una serie di requisiti, ossia che: il soggetto sponsorizzato sia effettivamente un’associazione sportiva dilettantistica, sia rispettato il limite di 200.000 euro, la sponsorizzazione tenda a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor e, infine, l’associazione abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale, come l’apposizione del marchio sulle divise o l’esibizione di striscioni o cartelloni sul campo di gioco (Cass. n. 5720/2016).
Presunzione assoluta anche di inerenza della spesa fino alla soglia
Con la sentenza di ieri, la Suprema Corte ha chiuso il cerchio, occupandosi dell’ultima questione rimasta, ovvero della sindacabilità della congruenza delle spese in oggetto (cosiddetta inerenza quantitativa): infatti, a fronte della contestazione di antieconomicità formulata dal Fisco – atteso che vi sarebbe stata un’irragionevole sproporzione tra l’entità delle spese di sponsorizzazione e il fatturato/utile dello sponsor – i giudici hanno stabilito che quella sancita dall’art. 90, comma 8 della L. 289/2002 è una presunzione assoluta oltre che della natura di spesa pubblicitaria, altresì di inerenza della spesa stessa fino alla soglia, normativamente prefissata, dell’importo di 200.000 euro (nello stesso senso C.T. Prov. di Ferrara n. 566/2016).
Inoltre, secondo la Cassazione, per la contestazione della deducibilità delle spese in oggetto è del tutto irrilevante la registrazione e la certezza di data del contratto di sponsorizzazione, nonché l’omissione della dichiarazione reddituale da parte dell’ASD, se, come nel caso di specie, tutti i requisiti richiesti dalla prassi del Fisco e dalla pronuncia n. 5720/2016 sono sussistenti.
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