Il commercialista può svolgere l’attività di procuratore sportivo
Il commercialista può svolgere l’attività di procuratore sportivo senza specifica autorizzazione da parte dell’ODCEC di appartenenza. In materia è intervenuto il CNDCEC con il P.O. n. 312/2018 del 02-02-2018.
Eutekne – 28 marzo 2018
Il commercialista può fare il procuratore sportivo
Non si rende necessario il rilascio di uno specifico nulla osta da parte dell’Ordine di appartenenza
Redazione
Il commercialista può svolgere l’attività di procuratore sportivo senza che si renda necessario il rilascio di uno specifico nulla osta da parte dell’ODCEC di appartenenza, anche alla luce della riforma operata dalla Federazione italiana giuoco calcio (FIGC) dal 1° aprile 2015.
Sul tema è intervenuto il CNDCEC con il P.O. n. 312/2017 pubblicato ieri, a fronte della richiesta di parere del Consiglio dell’Ordine di Benevento sulla possibilità di esercizio contemporaneo dell’attività di dottore commercialista e di procuratore sportivo, con riferimento alle cause di incompatibilità ex art. 4 del DLgs. 139/2005.
In primo luogo il P.O. n. 312/2017 analizza la figura del procuratore sportivo dopo la riforma voluta dalla FIFA e recepita dalla FIGC nel 2015, che ha “stravolto” tale profilo professionale.
Da allora, infatti, non esiste la figura dell’agente di calciatori e il nuovo Regolamento per i servizi di procuratore sportivo non è più finalizzato a disciplinare l’accesso, ma a consentire il controllo di coloro che rappresentano giocatori e/o società nelle negoziazioni dei contratti di lavoro e negli accordi di trasferimento. Giocatori e società possono dunque ora scegliere qualsiasi parte come procuratore sportivo, nel rispetto dei requisiti minimi.
Analizzando il citato Regolamento FIGC, il CNDCEC nota che sotto il profilo giuridico l’attività del procuratore sportivo – che deve essere iscritto in un apposito registro tenuto dalla Federazione – consiste nella rappresentanza, tendenzialmente prolungata nel tempo, del calciatore o della società sportiva, al fine di concludere uno o più contratti di prestazione sportiva verso un corrispettivo. Il rapporto contrattuale presenta elementi prorpi del mandato con rappresentanza (art. 1704 ss. c.c.), fermi restando gli evidenti profili di consulenza giuridica.
In secondo luogo, il P.O. n. 312/2017 analizza l’art. 4, comma 1, lett. c) del DLgs. 139/2005, il quale stabilisce l’incompatibilità tra l’esercizio della professione e “l’esercizio, anche non prevalente, né abituale dell’attività di impresa, in nome proprio o altrui e, per proprio conto, di produzione di beni o servizi, intermediaria nella circolazione dei beni o servizi, tra cui ogni tipologia di mediatore, di trasporto o spedizione, bancarie, assicurative o agricole, ovvero ausiliarie delle precedenti”.
Tale norma, osserva il CNDCEC, deve ritenersi di stretta interpretazione, non ammettendosi in alcun caso interventi interpretativi che ne amplino l’ambito di applicazione in via analogica o estensiva, e tra le ipotesi tassativamente contemplate non rientra il contratto di rappresentanza. Inoltre, l’attività di procuratore sportivo non può ricondursi all’istituto della mediazione, poiché ai sensi dell’art. 1754 c.c. è mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenze o di rappresentanza.
Dunque, l’attività di rappresentanza non è incompatibile con l’esercizio della professione, sempre che gli effetti dei negozi giuridici posti in essere dal rappresentante – il procuratore, in questo caso – ricadano esclusivamente nella sfera giuridica del rappresentato, calciatore o società sportiva. La causa di incompatibilità si verificherebbe, invece, se il negozio giuridico producesse effetti nella sfera giuridica del rappresentante, facendo emergere un interesse sostanziale di quest’ultimo.
Incompatibilità per il dipendente pubblico
Il tema dell’incompatibilità è stato trattato anche dal P.O. n. 32/2018, anche in questo caso pubblicato ieri, con riferimento al quesito proveniente dall’Ordine di Foggia sul mantenimento dell’iscrizione nella sezione A dell’Albo in caso di vincita di un concorso per impiegato comunale a tempo determinato di 30 ore settimanali.
In questo caso il CNDCEC ricorda che l’art. 4 comma 3 del DLgs. 139/2005 non consente l’iscrizione nell’Albo ai soggetti ai quali, secondo gli ordinamenti a loro applicabili, è vietato l’esercizio della libera professione. È proprio il caso dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni per i quali è espressamente sancito il divieto di cumulo con l’esercizio dell’attività professionale. Tale limitazione subisce un contemperamento se il rapporto di lavoro pubblico è a tempo parziale.
Nel caso in esame, tuttavia, caratterizzato da una prestazione con orario di lavoro superiore al 50% rispetto al tempo pieno, sussiste una causa di incompatibilità con l’esercizio della professione e dunque la dipendente pubblica non potrà continuare a essere iscritta nella sezione A dell’Albo ma chiedere il trasferimento della propria iscrizione nell’elenco dei non esercenti.
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