È compatibile il regime di favore per le palestre ASD? – parte II
L’attività commerciale non è incompatibile con l’attività sportiva dilettantistica.
Il legislatore ha concesso ampie agevolazioni al carico fiscale dell’attività commerciale svolte dalle associazioni sportive dilettantistiche, la condizione è che abbiano adottato nel proprio statuto, ma anche nel pratico svolgimento della propria attività operativa la funzione di forma associativa con il rispetto delle previsioni normative che le regolano.
È quanto emerge dalla lettura della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 7555/34/2015, chiamata a pronunciarsi su un appello posto da una ASD, con attività di palestra, contro la decisione dei giudici di primo grado che avevano respinto tutte le eccezioni sollevate dall’ASD nel ricorso presentato contro un avviso di accertamento. Tra le altre eccezioni la ASD ne richiedeva l’annullamento evidenziando che la stessa svolgeva attività istituzionale e non commerciale e conseguentemente era applicabile quanto disposto dall’art. 149 comma 4 del TUIR.
Si ricorda che l’art. 149 del TUIR disciplina la perdita della qualifica di ente non commerciale. Il comma 1 dispone che l’ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti attività commerciale per un intero periodo d’imposta in modo prevalente rispetto l’attività istituzionale. Il comma 2 chiarisce quali parametri devono essere considerati ai fini della qualifica di ente commerciale, ovvero: la prevalenza delle immobilizzazioni relative all’attività commerciale, prevalenza delle attività commerciali rapportate al valore delle prestazioni di cessioni e servizi svolti nell’attività istituzionale, prevalenza di redditi derivanti da attività commerciali rispetto alle entrate istituzionali quali contributi, sovvenzioni, liberalità, quote associative e la prevalenza dei componenti negativi inerenti l’attività commerciale raffrontati alle restanti componenti. Il comma 4 dispone che i commi 1 e 2 non si applicano, anche, alle associazioni sportive dilettantistiche.
Ed è, appunto, al comma 4 dell’art. 149 del TUIR che la ASD si è affidata per il disconoscimento della perdita della qualifica di ente non commerciale.
La CTR chiarisce inoltre che “ gli enti di tipo associativo possono godere del trattamento agevolato (…) a condizione non solo dell’inserimento, nei loro atti costitutivi e negli statuti, di tutte le clausole” indicate dall’art. 5 del DLgs. 460/97 con finalità antielusiva, “ma anche dell’accertamento – effettuato dal giudice di merito con congrua motivazione – che la loro attività si svolga in concreto nel pieno rispetto delle prescrizioni contenute nelle clausole stesse”.
La previsione contenuta nel comma 4 dell’art. 149 del TUIR dispone che le ASD non perdono la qualifica di ente non commerciale anche quando i parametri previsti dal comma 2 risultino superate, questo non intende che le ASD non possono perdere in ogni caso la qualifica di ente non commerciale, ma che le clausole statutarie debbano essere rispettate con finalità idealistica e che ci si trovi effettivamente in presenza di una realtà associativa caratterizzata dalla democraticità e dall’assenza di scopo di lucro e non di fronte ad una struttura che celi una vera e propria attività imprenditoriale.
Alla luce di quanto esporto la Commissione Tributaria sancisce che l’attività commerciale non è incompatibile con l’attività di una ASD, purché nel rispetto della reale vita associativa.
Come si evince dal confronto dei due casi esposti ,nella parte I e II, ci si trova a ragionare su interpretazioni apparentemente contrastanti. Tuttavia ci si rende conto che l’attività di palestra di un’associazione sportiva dilettantistica rappresenta il caso più evidente nel poterne contestarne la reale natura associativa. È inequivocabilmente opportuno che alla valutazione da parte degli organi preposti all’accertamento, ci si presenti nella condizione di poter effettivamente dimostrare la propria condizione istituzionale che non mascheri alcuna finalità elusiva.