Deduzioni insindacabili delle sponsorizzazioni

Ai costi di pubblicità e sponsorizzazione corrisposti ad associazioni sportive dilettantistiche nel limite di 200 mila euro sono interamente deducibili nell’anno non occorre dimostrare l’inerenza, trattandosi di disposizione legislativa. A confermare questo orientamento è la Cassazione con l’ordinanza n. 21333/17.

Quotidiano del Fisco – 15 settembre 2017

Associazioni sportive, ok alla deduzione

di Laura Ambrosi

Le somme corrisposte alle associazioni sportive dilettantistiche entro i 200mila euro sono spese di pubblicità deducibili interamente nell’anno: si tratta, infatti, di una presunzione legale assoluta voluta dal legislatore, con la conseguenza che non occorre dimostrare l’inerenza di tali oneri.

A confermare questo orientamento è la Cassazione con l’ordinanza n. 21333 depositata ieri.

L’agenzia delle Entrate aveva notificato a un’impresa un avviso di accertamento con il quale disconosceva la deducibilità di alcune spese di sponsorizzazione a due associazioni dilettantistiche.

Secondo l’ufficio i costi non erano inerenti l’attività, tanto più che le due associazioni erano poco conosciute in ambito territoriale, con la conseguenza che la sponsorizzazione, nonostante l’elevata cifra pagata, era stata verosimilmente inutile. Il provvedimento era stato impugnato dinanzi al giudice tributario che per entrambi i gradi di merito aveva confermato l’illegittimità della pretesa. L’Agenzia si era rivolta alla Cassazione lamentando un’errata interpretazione della norma.

La Suprema Corte, respongendo la pretesa dell’amministrazione, ha confermato l’orientamento ormai costante sul punto.

L’articolo 90 della legge n. 289/2002 ha previsto che il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni che svolgono attività nei settori giovanili riconosciute dalle federazioni sportive o da enti di promozione sportiva, costituisce per il soggetto erogante una spesa di pubblicità, nel limite annuo di 200mila euro.

I giudici di legittimità hanno rilevato che si tratta di una presunzione legale assoluta di qualificazione, nei limiti dei 200mila euro, di spese di pubblicità. È pertanto la norma a classificarle come inerenti e congrue all’esercizio dell’attività commerciale, senza che sia necessario alcun riscontro in tal senso.

La decisione conferma l’orientamento della giurisprudenza di legittimità (n. 7202/17 e 5720/2016) sulla corretta interpretazione della norma.

Va segnalato che la stessa Agenzia con la circolare n. 21/2003 aveva già condiviso tale interpretazione affermando che la norma ha introdotto una presunzione assoluta circa la natura di tali spese.

In sintesi, quindi, è la legge a prevederne l’integrale deducibilità nell’anno e a tal fine occorre verificare che:

i corrispettivi erogati siano destinati alla promozione dell’immagine/prodotto dell’impresa;

il soggetto ricevente sia una «compagine sportiva dilettantistica» che si impegni a promuovere il marchio/prodotto;

vi sia concretamente stata l’attività promozionale (ad esempio apposizione del marchio sulle divise, esibizione di striscioni e/o tabelloni sul campo).

Va detto che sono numerosi i casi di rettifiche fondate su questa contestazione soprattutto se i verificatori rilevano che l’importo speso per la pubblicità è sproporzionato rispetto all’utile dell’impresa. Viene in genere contestata, a questo riguardo, una antieconomicità del costo. Vi è ora da sperare che, alla luce del costante orientamento giurisprudenziale, gli uffici rivedano le proprie posizioni e soprattutto abbandonino gli eventuali contenziosi in corso.

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Ordinanza 21333-17

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