Corte UE: criteri per accertare se una Federazione S.N. è sottoposta al controllo dello Stato

Due federazioni sportive, Fig (golf) e Fise (sport equestri), si erano rivolte alla Corte dei conti italiana che poi aveva chiesto alla Corte di giustizia Ue di interpretare il regolamento sul Sistema Europeo dei Conti per determinare se le due federazione debbano essere considerate enti no profit sotto il controllo del potere pubblico, e di conseguenza come amministrazioni pubbliche. La Corte di giustizia Ue con Sentenza 11 settembre 2019 nelle cause riunite C-612/17 e C-613/17, ha indicato i criteri per accertare se una federazione sportiva è sottoposta oppure no al controllo del potere pubblico. Entrambe le federazioni sono state considerate come rientranti nel settore delle amministrazioni pubbliche e quindi inserite nel conto economico consolidato dello Stato italiano.

Quotidiano Diritto – Il Sole 24 Ore – 22 settembre 2019

I criteri per accertare se una federazione sportiva è sottoposta al controllo dello Stato

La Corte di giustizia Ue ha indicato i criteri per accertare se una federazione sportiva è sottoposta oppure no al controllo del potere pubblico. Il caso nasce dall’impugnazione da parte delle federazione Fig (golf) e Fise (sport equestri) della decisione dell’Istat di inserirle nel 2016 nell’elenco dell’istituto di statistica in quanto unità istituzionali che agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita e sottoposte al controllo del Coni, l’ente con personalità giuridica di diritto pubblico italiano al quale sono affiliate le varie organizzazioni sportive nazionali. Entrambe le federazioni sono state quindi considerate come rientranti nel settore delle amministrazioni pubbliche e quindi inserite nel conto economico consolidato dello Stato italiano.
Le due federazioni sportive si erano rivolte alla Corte dei conti italiana che poi aveva chiesto alla Corte di giustizia di interpretare il regolamento sul Sistema Europeo dei Conti (allo scopo di determinare se davvero se Fig e Fise debbano essere considerate enti no profit sotto il controllo del potere pubblico, e di conseguenza come amministrazioni pubbliche. La Corte rileva che il solo intervento pubblico in forma di regolamentazione generale applicabile a tutte le unità che svolgono la stessa attività non consente di concludere nel senso dell’esistenza di un controllo. Esiste un regolamento che prevede cinque indicatori di controllo per le istituzioni senza scopo di lucro riconosciute come entità giuridiche indipendenti: nomina dei funzionari; messa a disposizione di strumenti che consentano l’operatività; accordi contrattuali; grado di finanziamento; grado di esposizione al rischio dell’amministrazione pubblica. Inoltre ci sono altri nove indicatori a tenere presenti. Secondo la Corte gli elementi rilevanti su cui basarsi si riferiscono non alla funzione di gestire e amministrare un ente o a garantire l’espletamento delle pratiche correnti, bensì a quello di «definire o fissare gli obiettivi dell’ente, le sue attività e i loro aspetti operativi, nonché gli indirizzi strategici e gli orientamenti che l’ente intende perseguire nell’esercizio di tali attività». Per esempio il potere di nominare i revisori incaricati di rappresentare il Coni nelle federazioni sportive nazionali non indica l’esistenza di un controllo relativo alla nomina dei funzionari dato che i revisori non sono in grado di determinare la politica generale o il programma di un ente. Spetta comunque al giudice nazionale verificare se i poteri del Coni nei confronti della Fig e della Fise possano costituire una «capacità di determinare la politica generale o il programma di tali federazioni oppure se l’effetto di tali poteri si limiti ad una semplice «vigilanza esterna e formale che, come un’influenza meramente marginale, non avrebbe un’incidenza determinante su tale politica generale o su tale programma».
Va detto che «un indicatore unico può essere sufficiente, in taluni casi, a dimostrare un controllo e l’indicatore relativo al grado di finanziamento può non essere determinante». Per quanto riguarda le quote associative degli aderenti, queste «contribuiscono, stante il loro carattere obbligatorio, a finanziare obiettivi d’interesse pubblico perseguiti, per ciascuna disciplina sportiva, da una sola federazione nazionale e intesi a promuovere lo sport, senza che costituiscano un corrispettivo di servizi forniti». Di conseguenza «si tratterebbe, fatta salva la verifica del giudice nazionale, di contributi di natura pubblica».

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Cgue – Sentenza 11 settembre 2019 nella cause riunite C-61217 e C-61317

 

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