Cessione gratuita di calciatori, deducibili le minusvalenze
Sono ammesse in deduzione ai fini delle imposte sui redditi le cessioni dei contratti di calciatori anche in assenza di corrispettivo. È quanto ha stabilito la Corte di cassazione con Ordinanza n. 2146 del 25 gennaio 2019.
Quotidiano Fisco – Il Sole 24 Ore – 4 aprile 2019
Cessione calciatori, per la Cassazione deducibili le minusvalenze
di Giosuè Manguso
Le minusvalenze derivanti dalla cessione dei contratti dei calciatori sono ammesse in deduzione ai fini delle imposte sui redditi anche in assenza di un corrispettivo. È quanto ha stabilito la Corte di cassazione (ordinanza 2146 del 25 gennaio 2019), giudicando la cessione di due calciatori operata da una società partecipante al massimo campionato di calcio italiano.
Senza entrare nel merito della congruità delle valutazioni di mercato degli atleti in questione, a beneficio di coloro che non seguono lo sport nazionale (e tanto meno le vicende del “calciomercato”) può essere utile ricordare che, quando si acquista un calciatore, le società sostengono:
1) il costo per l’acquisto dei “cartellini” degli stessi, che è rilevato contabilmente come costo di acquisto dei diritti pluriennali alle prestazioni professionali dei calciatori;
2) gli ingaggi annuali, i cui ammontare lordi, su contratti di durata non inferiori a tre annualità, possono anche replicare buona parte del costo di acquisto. Quest’ultimo, inoltre, comprende eventuali oneri accessori (ad esempio, spese intermediazione degli agenti) ed è ammortizzato in quote costanti in base alla durata del contratto stipulato tra la Società e i singoli atleti professionisti (principio Oic n. 24, e, per le società che adottano principi contabili Ias-Ifrs, in quanto società le cui azioni sono quotate su mercati regolamentati, il principio contabile Ias 38). Il piano di ammortamento originariamente definito, poi, può essere prolungato in presenza di rinnovo anticipato del contratto, al fine di tener conto della residua vita utile.
Il diritto alle prestazioni sportive è un bene relativo all’impresa (articolo 101 del Tuir) la cui cessione determina plusvalenze/minusvalenze rilevanti ai fini delle imposte sui redditi. Il riconoscimento di tali risultati in ambito Irap, invece, è stato oggetto di contenzioso tra le società calcistiche (sostenitrici della tesi di escludere le plusvalenze dalla base imponibile Irap fondata sull’assenza di cessione di contratti) e l’agenzia delle Entrate (risoluzione n. 231/2001), per la quale il diritto alla prestazione sportiva è ceduto tra le società, con conseguente riconoscimento ai fini Irap del relativo risultato economico (in quanto alla base imponibile Irap concorrono plusvalenze e minusvalenze derivanti dalla cessione di beni strumentali materiali e immateriali). Tale posizione dell’Amministrazione finanziaria è stata condivisa dal Consiglio di Stato (parere n. 5285 dell’11 dicembre 2012) e dalla Corte di cassazione (sentenza n. 24588/2015).
Con l’ordinanza in commento i giudici di legittimità sostengono l’onerosità della cessione poiché l’ingaggio (che, si ripete, è una parte essenziale del costo complessivo degli atleti) è trasferito alla società cessionaria. In particolare, dopo aver ribadito che sono contratti a titolo oneroso quelli in cui i vantaggi sono reciproci al pari dei sacrifici, mentre sono atti a titolo gratuito quelli in cui il sacrificio è sopportato solo da un contraente, a vantaggio dell’altro, tali giudici affermano che la cessionaria deve corrispondere il compenso all’atleta, mentre la società cedente non dovrà più pagare tale compenso. Pertanto, poiché i vantaggi sono reciproci per entrambe le società contraenti, le minusvalenze devono ritenersi deducibili in quanto “realizzate” mediante cessione dei contratti a titolo oneroso.
Tale arresto giurisprudenziale prende le distanze da una decisione degli stessi giudici (Corte di cassazione, sentenza 345/2019), i quali, chiamati a esprimersi su un caso analogo, hanno escluso la deducibilità delle minusvalenze derivanti da cessioni prive di corrispettivo, ritenendo «non corretto desumere il carattere oneroso della cessione dal fatto che il rapporto ceduto è esso oneroso». In altri termini, il risparmio di spesa conseguito dalla società cedente non renderebbe, secondo tali giudici, la cessione a titolo oneroso, e, per l’effetto, deducibile la conseguente minusvalenza.
Le conclusioni dell’ordinanza n. 2146/2019 si lasciano preferire rispetto a quelle della sentenza n. 345/2019 per le seguenti considerazioni.
In primo luogo, la deduzione di una minusvalenza da realizzo implica che il valore contabile (costo non ammortizzato) del bene oggetto di cessione sia espressivo del relativo valore di mercato e che il corrispettivo (comunque non simbolico) sia, dunque, inferiore al suddetto costo non ammortizzato. Tuttavia, può capitare che un investimento non rientri più nei piani strategici societari (esempio i giovani che non “mantengono le promesse”, oppure calciatori reduci da lunghi infortuni o che non fanno parte della “rosa titolare”). In tali casi, l’utilità sottesa alle future prestazioni professionali è venuta meno (il valore di mercato si è sensibilmente ridotto) ed è plausibile che siano ceduti a titolo gratuito con la finalità di alleggerire i futuri conti economici dei relativi ingaggi. Tale circostanza sembra non essere stata considerata dalla sentenza n. 345 laddove afferma che, con la cessione a titolo gratuito, la società si priva delle future prestazioni sportive, prestazioni che di fatto, nelle summenzionate circostanze, già non sono più fruite; mentre la stessa circostanza è stata opportunamente valutata proprio nell’ordinanza n. 2146 allorquando si sottolinea che gli atleti ceduti non avrebbero potuto giocare nella stagione che ha avuto inizio nel periodo di cessione degli atleti.
Inoltre, in un caso di deducibilità delle quote di ammortamento di beni concessi in comodato affinchè si realizzassero prodotti per il comodante a condizioni migliori di quelli ottenibili nell’ipotesi in cui il comodatario dovesse farsi carico direttamente dei suddetti beni, la Corte di cassazione (sentenza n. 1465 del 2009) ha stabilito che anche i beni concessi in comodato garantiscono l’utilizzo (indiretto) degli stessi ex articolo 102 del Tuir e, dunque, consente al comodante di continuare a dedurre quote di ammortamento dei beni oggetto di comodato. È evidente che tale interpretazione nasce dall’utilità del comodato che ha reso per il soggetto comodante antieconomico continuare a utilizzare direttamente alcuni beni strumentali. Forse quest’ultimo approccio giurisprudenziale potrebbe essere utilizzato anche per le “cessioni a zero” dei calciatori, e, salvi i casi di operazioni con evidenti anomalie riguardanti cessioni a titolo gratuito di atleti con una valutazione di mercato pressoché condivisa, riconoscere la deducibilità di minusvalenze perché “inerenti” all’attività di impresa (e “realizzate” ai sensi dell’articolo 101, comma 1, del Tuir), in quanto, nonostante la cessione a titolo gratuito, i futuri conti economici della società cedente sono stati alleggeriti dal peso degli ingaggi dei calciatori ceduti.
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