Associazione, non è automatico che il legale rappresentante risponda in solido
L’efficacia esecutiva del titolo formatosi contro la sola associazione non riconosciuta in un giudizio di cognizione nel quale il creditore non abbia convenuto, in proprio, anche l’eventuale soggetto responsabile in via solidale con questa ai sensi dell’art. 38 c.c., al fine di ottenere l’accertamento della sua responsabilità solidale e la sua condanna, unitamente a quella dell’ente stesso, non si estende automaticamente al predetto soggetto. Questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con la Sentenza n. 12714/2019.
Eutekne.info – 19 giugno 2019
Non è automatico che il rappresentante dell’associazione risponda in solido
Il titolo esecutivo è valido anche nei confronti del rappresentante se si è accertato che ha concretamente agito in nome e per conto dell’ente
Edoardo MORINO
L’efficacia esecutiva del titolo formatosi contro la sola associazione non riconosciuta in un giudizio di cognizione nel quale il creditore non abbia evocato, in proprio, anche l’eventuale soggetto responsabile in via solidale con l’associazione ai sensi dell’art. 38c.c., al fine di ottenere l’accertamento della sua responsabilità solidale e la sua condanna, unitamente a quella dell’ente stesso, non si estende automaticamente nei confronti di tale soggetto.
È questo il principio di diritto sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 12714/2019 in relazione a quanto dispone, per le associazioni non riconosciute, il succitato art. 38 c.c., secondo cui:
– per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione, i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune;
– delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione.
La Cassazione ricorda, innanzi tutto, che la responsabilità personale e solidale prevista dall’art. 38 c.c.:
– non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per conto dell’ente e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra questo e i terzi, con la conseguenza che chi invoca in giudizio tale responsabilità è gravato dall’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente (cfr. Cass. n. 8752/2017);
– non concerne neppure in parte un debito proprio dell’associato, ma ha carattere accessorio rispetto alla responsabilità primaria dell’associazione, con la conseguenza che l’obbligazione, avente natura solidale, di colui che abbia agito in nome e per conto dell’ente è inquadrabile fra quelle di garanzia “ex lege”, assimilabili alla fideiussione, ed è disposta a tutela dei terzi, che possono ignorare la consistenza economica del fondo comune e fare affidamento sulla solvibilità di chi ha negoziato con loro (cfr. Cass. n. 21066/2016 e Cass. n. 29733/2011).
In virtù della distinzione soggettiva tra l’ente e i suoi organi, nonché in considerazione dei presupposti dell’eventuale responsabilità accessoria di tali organi, il titolo esecutivoottenuto nei confronti dell’associazione non riconosciuta non può consentire al creditore di procedere ad esecuzione forzata direttamente nei confronti dei soggetti che si assumano solidalmente obbligati con l’ente. In altre parole, l’efficacia del titolo esecutivo ottenuto nei confronti dell’associazione non si estende automaticamente ai rappresentanti di quest’ultima.
Per ottenere un titolo esecutivo efficace anche nei confronti del rappresentante dell’associazione occorre, dunque, accertare, in un giudizio di cognizione, che tale soggetto ha concretamente agito in nome e per conto dell’ente nella costituzione dello specifico rapporto obbligatorio fatto valere in giudizio.
La Cassazione osserva come la fattispecie disciplinata dall’art. 38 c.c. sia radicalmente differente dalla responsabilità prevista per i soci illimitatamente responsabili di società di persone, giacché la responsabilità personale del socio:
– riguarda tutti i debiti della società rappresentata e deriva dalla sua qualità di socio (restando peraltro contestabile mediante opposizione all’esecuzione);
– costituisce una responsabilità per obbligazione propria derivante direttamente dalla legge (tanto che il socio illitatamente responsabile di società di persone, in caso di fallimento della società, è automaticamente dichiarato fallito).
Al contrario, nelle associazioni non riconosciute i legali rappresentanti (in particolare, il presidente) non rispondono dei debiti dell’ente in base alla loro qualità: ai sensi dell’art. 38 c.c., rispondono in solido con l’associazione solo coloro che abbiano agito in nome e per conto dell’ente nell’ambito del singolo e specifico rapporto obbligatorio fatto valere in giudizio. Di conseguenza, deve ritenersi che tale responsabilità:
– non riguardi tutti i debiti dell’ente;
– non costituisca un’obbligazione propria dei rappresentanti, ma un’obbligazione di garanzia per uno specifico debito altrui.
La Cassazione conclude, quindi, che, per avvalersi della disposizione di cui all’art. 38 c.c., il creditore di un’associazione non riconosciuta dovrà convenire nel giudizio di cognizione diretto ad ottenere il titolo esecutivo, insieme all’associazione, il soggetto che pretende obbligato in solido con l’ente, chiedendo di accertare la sua responsabilità solidale. Il soggetto che si assume abbia agito in nome e per conto dell’associazione deve, cioè, essere convenuto in giudizio “in proprio”. Non è sufficiente che il medesimo soggetto sia eventualmente convenuto in giudizio solo nella sua “qualità” di legale rappresentante dell’ente.
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Cassazione Sentenza 12714 del 14 maggio 2019